
La transizione climatica influenza la probabilità di default e il rischio ambientale entra nei modelli di rating. Valutazioni del merito creditizio con i principi Esg
Le banche, nella valutazione del merito creditizio, sono oggi chiamate a considerare non solo i bilanci ma anche i comportamenti ambientali, sociali e di governance (Esg) delle imprese, incluse le Pmi, pur in assenza di un obbligo di rendicontazione di sostenibilità. A confermarlo è la recente pubblicazione della Banca d’Italia “Mercati, infrastrutture, sistemi di pagamento” (numero 59, maggio 2025), che dimostra, con una metodologia innovativa basata sul mercato Eu-Ets, come il rischio di transizione climatica possa influenzare in modo diretto la probabilità di default entro un anno di un’impresa non finanziaria italiana. In questo nuovo contesto, il commercialista assume un ruolo chiave: è il professionista che può aiutare l’impresa a raccogliere, interpretare e comunicare in modo efficace le informazioni non finanziarie rilevanti per le banche.
Ma quali dati Esg è utile trasferire agli istituti di credito? E dove vanno inseriti nella documentazione aziendale?
Transizione climatica e merito creditizio
Il rischio di transizione climatica che rappresenta la possibilità per le imprese di subire perdite economiche nel passaggio verso un’economia a basse emissioni, influisce oggi direttamente sul merito creditizio, ovvero sul livello di affidabilità finanziaria di un’impresa nel ripagare un debito. Normative ambientali più stringenti, tassazione sul carbonio e cambiamenti nei consumi possono aumentare i costi operativi, ridurre i ricavi o svalutare gli asset aziendali. Per questo, la Bce e l’Eurosystem hanno avviato l’integrazione di questo rischio nei modelli di rating creditizio, con l’obiettivo di riconoscere e premiare le imprese più virtuose in termini ambientali e sociali.
Lo studio di Bankitalia
Il numero 59 della pubblicazione “Mercati, infrastrutture, sistemi di pagamento” della Banca d’Italia utilizza dati dettagliati sulle emissioni rilevate nel mercato Eu-Ets (European Union Emissions Trading System), il principale strumento europeo per la riduzione delle emissioni di gas serra nei settori più inquinanti, come l’industria e l’aviazione.
Introdotto dalla direttiva 2003/87/Ce, il sistema si basa sul principio cap & trade: l’Ue fissa un tetto massimo alle emissioni complessive (cap) e assegna alle imprese un numero limitato di “quote” di emissione (1 quota = 1 tonnellata di CO2 equivalente) che possono essere acquistate/vendute su un apposito mercato (trade).
Le imprese che superano i limiti stabiliti devono acquistare quote aggiuntive, sostenendo costi; quelle più virtuose possono vendere le eccedenze, generando ricavi.
Lo studio valuta, attraverso simulazioni basate sulla volatilità dei prezzi delle quote e su scenari estremi, l’impatto di questi costi o benefici sui bilanci aziendali e sulla probabilità di default a un anno. Il metodo proposto si distingue per precisione e attualità, superando i limiti degli approcci tradizionali basati su stime settoriali, e risponde agli standard minimi fissati dalla Bce per l’integrazione del rischio climatico nei modelli di rating.
Le banche scelgono imprese Esg-oriented
Studio Bankitalia | Valuta l'impatto del rischio climatico sulla probabilità di default a 1 anno |
Metodologia | Basata su dati reali Eu-Ets, simula costi/benefici da CO2, aggiorna I rating |
Effetti sui bilanci | Emissioni elevate peggiorano gli indici; comportamenti virtuosi li migliorano |
Ruolo del commercialista | Guida strategica nella raccolta e comunicazione dei dati Esg |
Strumenti utili | Kpi Esg, Green Asset Ratio, e il documento "Dialogo PMI-Banche" |
Documentazione consigliata | Inserire info Esg in bilancio ordinario e questionari bancari |
Come funziona
L’approccio innovativo, di tipo bottom-up, stima l’impatto del rischio di transizione climatica sul merito creditizio delle imprese italiane. Come? Utilizzando dati reali sulle emissioni effettive (Scope 1) rilevati dal mercato Eu-Ets, anche per imprese non quotate. Il modello valorizza sia i costi legati all’eccesso di emissioni, sia i ricavi derivanti da comportamenti virtuosi. Diversamente dall’approccio tradizionale top-down, adottato negli scenari a lungo termine Ngfs (Network for greening the financial system), basato su medie settoriali e stime indirette, (es. numero di dipendenti), questo metodo consente una valutazione più aderente alla realtà aziendale, utile per aggiornare tempestivamente i rating creditizi.
Lo studio si sviluppa in tre fasi principali:
Raccolta dati, integrando le emissioni reali delle imprese, rilevate dal sistema Eu-Ets, con i dati finanziari delle imprese italiane;
Simulazione di scenari di prezzo delle quote di CO₂, anche in contesti di mercato estremi, usando modelli stocastici;
Valutazione dell’impatto economico di questi scenari sul bilancio aziendale, stimando come varia la probabilità di insolvenza (default) a un anno.
Effetto sui bilanci aziendali
Quando un’impresa risulta in deficit di quote Eu-Ets (cioè emette più CO2 rispetto alle quote gratuite assegnate), è costretta ad acquistare permessi aggiuntivi, sostenendo costi che riducono l’utile e la liquidità.
In molti casi, ciò comporta il ricorso al debito, peggiorando gli indicatori finanziari e aumentando la probabilità di default (Pd). Al contrario, le imprese in surplus (che emettono meno CO2 del previsto) possono vendere le quote eccedenti, generando ricavi straordinari e rafforzando la liquidità senza indebitarsi. Questo si traduce in bilanci più solidi e in una Pd inferiore. Il legame tra sostenibilità ambientale e rischio creditizio risulta quindi evidente e misurabile.
Risultati
Lo studio dimostra che il metodo adottato, costruito su orizzonti annuali e dati reali, consente una valutazione molto più accurata del rischio climatico rispetto agli approcci standard basati su stime settoriali aggregate.
È possibile stimare l’impatto finanziario che il costo del carbonio genera sui bilanci delle imprese, e quindi sul loro merito creditizio.
Le imprese più esposte, soprattutto in scenari di stress, aumentano la probabilità di insolvenza; al contrario, quelle più sostenibili – in grado di ridurre le emissioni o di generare ricavi dalla vendita di quote in eccesso – possono migliorare il proprio rating.
Il modello si dimostra più reattivo e in grado di cogliere meglio la variabilità e l’eterogeneità tra singole imprese, comprese quelle non quotate e fornisce uno strumento efficace e replicabile per integrare il rischio climatico nelle analisi di affidabilità creditizia, rafforzando la capacità del sistema finanziario di riconoscere e premiare le imprese virtuose in ottica di sostenibilità.
Pmi e banche: il ruolo del commercialista
Nel nuovo scenario in cui le banche valutano il merito creditizio anche in base ai fattori Esg, il commercialista assume un ruolo strategico nell’aiutare le imprese, anche quelle non soggette a obblighi di rendicontazione, a raccogliere, interpretare e comunicare in modo efficace i dati di sostenibilità utili al dialogo con il sistema creditizio.
Proprio su questo si è focalizzato il convegno promosso dall’Odcec Roma e dalla Fondazione Telos intitolato “Il ruolo del Commercialista nel dialogo di sostenibilità tra Pmi e Banche” tenutosi a Roma lo scorso 4 giugno, in cui è emersa la necessità, per le Pmi, di dotarsi di indicatori Esg chiari e misurabili, in particolare Kpi ambientali e finanziari, come il Green asset ratio (Gar), sempre più utilizzati dalle banche per valutare il rischio di credito.
In quest’ottica, un riferimento concreto è rappresentato dal documento “Dialogo di sostenibilità tra Pmi e banche”, frutto del Tavolo per la Finanza Sostenibile.
Il documento, volontario ma fortemente raccomandato, propone un modello modulare e proporzionato alla dimensione dell’impresa, articolato in cinque sezioni: informazioni generali, cambiamento climatico, ambiente, sociale e condotta d’impresa.
Ogni sezione dettaglia le informazioni da trasmettere, classificandole per tipologia, unità di misura e livello di priorità, distinguendo tra dati essenziali (priorità 1) e utili ma opzionali (priorità 2), per favorire uno scambio informativo semplificato e coerente.
Attraverso l’adozione di questo strumento, le Pmi possono sviluppare un profilo Esg strutturato e trasparente, prerequisito fondamentale per l’elaborazione di un Esg rating – anche su base volontaria – che diventerà sempre più rilevante nell’accesso al credito.
In questo percorso, il commercialista ha un ruolo cruciale: supporta l’impresa nell’elaborazione di policy sostenibili, nella raccolta e validazione dei dati, nella redazione di report secondo i principali standard (Csrd, Tassonomia Ue) e nella loro presentazione agli stakeholder finanziari.
Infine, si è discusso dell’inserimento delle informazioni Esg nei documenti aziendali: relazione sulla gestione e nota integrativa del bilancio, oppure nei questionari bancari.
Per le imprese che redigono il bilancio in forma abbreviata, che non prevede la relazione sulla gestione, è stata avanzata la proposta di adottare volontariamente il bilancio ordinario completo di relazione sulla gestione, rendiconto finanziario e nota integrativa dettagliata, ormai richiesto sempre più frequentemente dalle banche per una valutazione più completa della solidità e della sostenibilità dell’impresa e migliorare il dialogo con il sistema bancario.
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